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PEDAGOGIA E PARITÀ DI GENERE: CHI RACCOGLIERÀ L’EREDITÀ DI ELENA GIANINI BELOTTI?

Lampoon 7 marzo 2023 – Elisabetta Molteni

Alessandra Fraissinet e Laura Onofri discutono l’eredità lasciata dalla pedagogista romana Elena Gianini Belotti, fra le prime a occuparsi di condizionamenti di genere : chi sta oggi ‘dalla parte delle bambine’?

DETTAGLIO COPERTINA PRIMA LE DONNE E I BAMBINI, ELENA GIANINI BELOTTI, FELTRINELLI

La direzione del Centro Nascita Montessori di Roma e i saggi

Dalla parte delle bambine  e Prima le donne e i bambini

Elena Gianini Belotti è morta lo scorso 24 dicembre. Pedagogista, scrittrice, insegnante, era nata a Roma nel 1929, da genitori bergamaschi. Nel 1960 aveva contribuito a fondare il Centro Nascita Montessori di Roma, guidato da lei per vent’anni, supportando molte donne nella preparazione al parto e nella crescita di neonate e neonati. Un’educazione alla cura, al di là dei condizionamenti di genere che limitano il libero sviluppo della persona, come aveva raccontato nei due saggi per cui è più nota: Dalla parte delle bambine, del 1973, e Prima le donne e i bambini, del 1980.

Laura Onofri, presidentessa del comitato torinese dell’associazione Se non ora, quando?: Gianini Belotti ha portato consapovolezza  sui condizionamenti di genere

«Gianini Belotti ha avuto un ruolo determinante. Quando è uscito Dalla parte delle bambine c’era ancora poca letteratura che parlasse di condizionamenti di genere», spiega Laura Onofri, presidentessa del comitato torinese dell’associazione Se non ora, quando? e componente del Coordinamento nazionale dei comitati. «I modelli culturali che venivano proposti alle bambine, dalla pubblicità ai libri scolastici, dalla scuola alla televisione, erano stereotipati. Le bambine dovevano essere prima di tutto belle, le donne mamme accudenti e contente di occuparsi della casa e della cucina. Modelli considerati come normali, nessuno li metteva in dubbio. Non c’era l’idea che una donna potesse fare qualsiasi lavoro, che non fosse solo angelo del focolare o adatta a svolgere lavori come la maestra, la cuoca, la sarta».

Bambine belle e donne madri e casalinghe: stereotipi che nessuno metteva in discussione

Gianini Belotti ha avuto il merito di evidenziare quanto questi modelli fossero frutto di convenzioni, dimostrando come non esistano, per citarla, qualità maschili o femminili, solo qualità umane. Il suo messaggio è chiaro, ed è il prodotto di una lunga esperienza educativa e degli studi portati avanti in ambito pedagogico: non esistono caratteri femminili o maschili predeterminati. Ruoli e preferenze di genere sono il frutto di costruzioni sociali.

«Ha squarciato il velo. Dal suo libro sono fioriti nuovi studi, ricerche, idee», prosegue Onofri. Nonostante sia scritto da una pedagogista, Dalla parte delle bambine è riuscito a diventare un classico, anche al di là del movimento femminista.

Dal 1973 ad oggi, Dalla parte delle bambine resta un libro rivoluzionario

Un saggio di pedagogia ancora estremamente attuale anche se figlio della propria epoca. «Il libro è scritto con un linguaggio binario, che oggi si sta cercando di superare. Ma la cosa sconvolgente è che per tanti aspetti potrebbe essere stato pubblicato ieri», interviene Alessandra Fraissinet, ideatrice con Annalisa Sirignano del podcast ‘Ti leggiamo una femminista’.

Alessandra Fraissinet, co-ideatrice del podcast Ti leggiamo una femminista

Tra i pregi del libro, quello di mostrare come molti condizionamenti lavorino in noi a livello inconscio. «Un esempio è quello dell’allattamento, descritto bene nel saggio, che analizza la differenza di atteggiamento delle mamme, disposte ad allattare più a lungo i maschi, considerati per natura più voraci. Alle bambine è invece dedicato meno tempo, in loro l’avidità di cibo è mal tollerata», spiega Fraissinet. Grande attenzione va anche prestata a quei modi di dire cui non facciamo caso, ma che in realtà celano un intento discriminatorio. «’Auguri e figli maschi’ è un esempio citato anche da Gianini Belotti. Le parole sono importanti, sono strumenti in grado di modellare il nostro pensiero e la nostra realtà».

Laura Onofri e la società che non abbandona gli stereotipi: «Dispiace ci sia ancora così tanta strada da fare»

Sono passati cinquant’anni dalla pubblicazione di Dalla parte delle bambine. Com’è cambiata la nostra società? «Le cose non sono cambiate molto, purtroppo. Se guardiamo ai giochi, troviamo ancora grandi differenze: bambole e passeggini pensati per le bambine, giochi di azione e sport pensati per i bambini. Anche nei libri di testo adottati nelle scuole permangono modelli stereotipati. Ce ne siamo resi conto facendo un’analisi sulle immagini dei testi adottati per la scuola primaria a Torino nel 2017», interviene Onofri.

La differenziazione nei giochi per maschi e femmine e la letteratura per l’infanzia 

Alla scelta dei giochi e alla letteratura per l’infanzia Gianini Belotti dedica un capitolo del libro. Scrive la pedagogista nel 1973: «La differenziazione nei giochi imposta ai maschi e alle femmine è tale che gusti ‘particolari’ in fatto di giochi dopo l’età di quattro-cinque anni cominciano veramente a significare che il bambino o la bambina non hanno accettato i loro ruoli e che quindi qualcosa non ha funzionato». Modelli di genere rigidi e convenzionali continuano a essere trasmessi anche oggi. «Lo vediamo tutti i giorni con la pubblicità. Pur essendo attivo un Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria, siamo indietro. Ci vorrebbe una legge affinché certe pubblicità sessiste e piene di stereotipi non vengano neanche mandate in onda o stampate sui cartelloni», commenta Onofri. «Dispiace che dopo tutti questi anni ci sia ancora così tanta strada da fare come società per raggiungere l’equità. Occorre sottolinearlo: la permanenza di stereotipi incide a vari livelli, crea una cultura in cui le donne possono più facilmente subire molestie sessuali e violenze», chiarisce Onofri.

Verso il superamento del sessismo nella lingua italiana: Giornaliste Libere Unite Autonome (GiULiA) e la guida Donne, grammatica e media

Qualche passo avanti è stato fatto. La consapevolezza sull’identità di genere è aumentata, così come anche l’attenzione verso il linguaggio. «Il linguaggio è l’ambito nel quale si è lavorato di più. Qualcosa è cambiato nei media, sui quotidiani, in tv. Un merito lo hanno avuto le giornaliste, specialmente quelle facenti capo a GiULiA Giornaliste Libere Unite Autonome, che nel 2014 presentarono Donne, grammatica e media. Una guida ad uso delle redazioni con indicazioni pratiche e suggerimenti sull’uso dell’italiano», prosegue Onofri.

Alma Sabatini e le Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana del 1986

La consapevolezza sull’uso del linguaggio comincia ad affermarsi in Italia nel corso degli anni Ottanta. Nel 1986 vengono diffuse le Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana a cura di Alma Sabatini. «Sabatini è stata la prima importante saggista, linguista e femminista a porre in evidenza la connessione tra permanenza degli stereotipi che ostacolano la piena realizzazione delle donne e una lingua italiana maschilista. Tredici anni dopo l’uscita di Dalla parte delle bambine con queste raccomandazioni si puntò il dito su un altro tipo di condizionamento, su quanto il linguaggio fosse importante, su quanto potesse rivelare di quello che siamo. Ancora oggi permangono resistenze sulla declinazione al femminile di alcune cariche, ruoli e professioni, un tempo prettamente maschili. Anche tra le donne, che percepiscono come una deminutio il fatto di farsi chiamare, ad esempio, avvocata», spiega Onofri.

Per una società equa, paritaria e libera da stereotipi

L’obiettivo da raggiungere è chiaro secondo la rappresentante di Se non ora, quando?: «Una società più equa e paritaria, libera da stereotipi, è una società migliore per tutte le persone, indipendentemente dal genere. Questo processo di liberazione va anche a favore di bambini, ragazzi e uomini. Un bambino che viene redarguito perché esprime le proprie emozioni piangendo non è un bambino felice: è represso. Un bambino che vorrebbe iscriversi a un corso di danza ma non gli è consentito perché non confacente al suo sesso biologico non è un bambino felice: è represso nella sua spontaneità». Come scrive Gianini Belotti: «L’operazione da compiere non è quella di tentare di formare le bambine a immagine e somiglianza dei maschi, ma di restituire a ogni individuo che nasce la possibilità di svilupparsi nel modo che gli è più congeniale, indipendentemente dal sesso cui appartiene».

Puntare su famiglie, scuole e nuove leggi contro la discriminazione

Su quali elementi lavorare per consentire alla nostra società di evolvere verso una maggiore equità? Onofri ritiene si debba intervenire su due fronti. Il primo fronte è sociale e culturale. «Le associazioni possono fare molto nell’opera di sensibilizzazione, a partire da docenti e genitori, per diffondere una cultura del rispetto e della parità, in assenza di stereotipi. Credo nel fare rete, nel lavorare insieme: abbiamo bisogno di essere più coese». Il secondo fronte è politico. «Occorre incidere con leggi che rimuovano gli stereotipi. Fare pressione sui decisori politici per inserire norme antidiscriminazione».  Una sensibilizzazione che parta dal nucleo famigliare e dalla scuola è indispensabile anche secondo Fraissinet. «La parità si insegna a casa. La famiglia è una società in miniatura, la prima esperienza sociale che vive una persona appena nata. Fondamentale che i genitori possano essere un modello di gestione paritaria dei ruoli. Necessario lavorare anche sull’educazione sessuale nelle scuole, a partire dai primi gradi di istruzione. Diffondere un’educazione che spieghi cos’è il genere e perché i ruoli di genere sono qualcosa che non serve e che, anzi, ci limita».

La lotta femminista deve tradursi in tutele reali

Sebbene mai come ora il dibattito sui diritti delle donne e della comunità LGBTQIA+ sia presente nel nostro quotidiano e a tutte le latitudini si alzino voci di protesta, spesso questo boato non si traduce in tutele reali. Le piazze si riempiono ma il diritto all’aborto, per fare un esempio, nei fatti non è ancora garantito e anzi è sempre messo in discussione. Commenta Onofri: «Anche in Italia abbiamo una buona legge 194 sulla interruzione volontaria della gravidanza che spesso però non viene applicata o non viene applicata in modo corretto. C’è il rischio reale di tornare indietro, basta poco. In Piemonte si sono diffusi movimenti antiabortisti che difendono un modello di famiglia tradizionale». Si parla tanto, ma si incide poco sulla realtà o almeno non ovunque allo stesso modo. «Quello che succede in tanti Paesi conservatori, può accadere anche a noi. Nessun diritto può essere dato come acquisito per sempre. Occorre stare all’erta. Ci sono leggi che vengono approvate e che in modo sottile da un giorno all’altro fanno sì che le persone si ritrovino private di un diritto».

L’esempio del diritto all’aborto: l’abolizione della sentenza Roe v. Wade negli Stai Uniti 

Pensiamo all’America e all’Europa: nel giugno dello scorso anno la Corte Suprema statunitense ha abolito la sentenza Roe v. Wade del 1973 sul diritto all’aborto, dando facoltà ai singoli Stati di applicare le proprie leggi. In Argentina nel 2020 il Congresso ha riconosciuto il diritto all’interruzione volontaria della gravidanza durante le prime 14 settimane di gestazione. Il Governo spagnolo lo scorso anno ha approvato un disegno di legge su salute riproduttiva, sessuale e diritto all’aborto che prevede anche il congedo mestruale, l’obbligatorietà dell’educazione sessuale fin dalle scuole dell’infanzia, un permesso pre-parto per le donne incinte.  Due passi avanti e uno indietro, sembrerebbe dunque. È per questo che le bambine hanno ancora bisogno di essere difese.

Laura Onofri

Presidente del comitato torinese dell’associazione ‘Se non ora, quando?’, movimento apartitico per i diritti delle donne nato nel 2010. Componente del coordinamento nazionale dei comitati ‘Se non ora, quando?’.

Alessandra Fraissinet

ideatrice con Annalisa Sirignano di Ti leggiamo una femminista, podcast nato nell’ottobre 2020, che ogni primo lunedì del mese mette al centro un libro femminista.

Elisabetta Molteni

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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