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VIOLENZE ONLINE, MUTILAZIONI GENITALI E STUPRO: LA PROPOSTA DI DIRETTIVA EUROPEA

Noi Rete Donne – 18 novembre 2023 – Mariagrazia Rossilli

L’approvazione della direttiva implicherebbe l’aggiornamento della normativa internazionale da vari punti di vista e, in particolare, rispetto alla lotta contro le molte forme di violenza informatica.

Nella sessione plenaria del 10 luglio scorso il Parlamento Europeo ha approvato le relazioni delle commissioni competenti LIBE (libertà civili, giustizia e affari interni) e FEMM (diritti delle donne e l’uguaglianza di genere) e ha dato il via libera al mandato per iniziare i negoziati interistituzionali con il Consiglio per l’approvazione della Proposta di direttiva sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica presentata dalla Commissione europea nel Marzo 2022.[1] Il testo approvato dal PE sostiene una posizione ambiziosa come ambiziosa è la proposta di direttiva che, se approvata, aggiornerebbe la normativa internazionale da vari punti di vista e, in particolare, rispetto alla lotta contro le molte forme di violenza informatica.

Mentre la violenza online contro le donne ha visto negli ultimi anni una rapidissima crescita sicché si stima che nel 2020 una ragazza su due ne sia stata vittima, l’azione dei singoli Stati è risultata insufficiente anche a causa della sua intrinseca dimensione transfrontaliera. Fino ad oggi le legislazioni degli Stati membri contro questo tipo di violenze risultano disorganiche e lacunose: per lo più non ne viene data una definizione specifica ed è invece ricompreso nella legislazione generale sulla violenza mediante tecnologie informatiche o incluso come circostanza aggravante nella legislazione contro la violenza.

La direttiva sarebbe il primo atto internazionale ad affrontare specificamente questo tipo di violenza, dal momento che anche nella Convenzione del Consiglio d’Europa del 2014 sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul) manca la criminalizzazione di queste pratiche.

La proposta di direttiva mira a integrare l’acquis dell’UE e le legislazioni nazionali, rafforzando l’attuazione della Convenzione di Istanbul e il conseguimento dei suoi obiettivi nei settori di competenza dell’UE grazie ad una normativa vincolante per tutti gli Stati membri, inclusi i sei Stati che non hanno ancora ratificato la Convenzione, ossia Bulgaria, Cechia, Ungheria, Lituania, Lettonia e Slovacchia. Come segnalato, inoltre, dall’organismo di esperti incaricato di monitorarne l’attuazione (GREVIO), nelle leggi dei Paesi membri che pure l’hanno ratificata si riscontra spesso una nozione di violenza contro le donne e di violenza domestica più limitata rispetto a quella della Convenzione: in alcuni paesi ad esempio solo la ripetitività degli atti violenti è considerata violenza domestica, in altri casi non vi è inclusa la violenza economica, o ancora in molti Stati membri si configura il reato di stupro solo in base all’uso della costrizione mentre in altri è invece sufficiente la sola assenza di consenso. La molteplicità di approcci legislativi e la frammentarietà della implementazione negli stati membri hanno creato, dunque, incertezza giuridica rispetto ai diritti delle vittime nell’UE, tanto più che è solo con la decisione del Consiglio dello scorso primo giugno che l’UE ha concluso il lungo e difficoltoso processo di adesione alla Convenzione di Istanbul per quanto attiene alla cooperazione giudiziaria in materia penale, l’asilo e il non respingimento.

Attualmente l’Unione non dispone di una legislazione vincolante che si occupi in modo specifico della violenza contro le donne e della violenza domestica, mentre le diverse direttive che, stabilendo norme generali o trattando di altre forme di violenza, sono applicabili anche alle vittime di violenza di genere ,risalgono a più di 10 anni fa e forniscono oggi una protezione insufficiente.

La Commissione, quindi, in seguito anche ai ripetuti inviti del Parlamento, alle pressioni della Lobby europea delle donne e di molte reti europee di donne e femministe, ha presentato la proposta di direttiva che stabilisce norme volte a creare un comune standard minimo nella definizione dei reati e delle sanzioni in materia di sfruttamento sessuale femminile e minorile e di criminalità informatica, nella prevenzione, protezione, assistenza alle vittime e nell’accesso alla giustizia.

L’ambito di applicazione della proposta comprende i reati di stupro, mutilazioni genitali femminili, criminalità informatica e tutti gli atti di violenza contro le donne o di violenza domestica che configurano reati ai sensi di altri strumenti di diritto dell’Unione e degli ordinamenti nazionali. Gli Stati membri sono tenuti a provvedere perché siano punite tutte le forme di mutilazione genitale femminile e la costrizione o l’induzione ad essa, così come lo stupro definito come ogni atto di penetrazione sessuale non consensuale, nell’assenza di consenso volontario, ma anche nell’assenza dovuta all’incapacità della donna ad esprimere una libera volontà a causa di condizioni fisiche o mentali. Nello stesso articolo viene specificato che il consenso deve poter esser revocato in ogni momento e che l’assenza di consenso non può esser contestata sulla sola base del silenzio e della mancata resistenza fisica o verbale o del comportamento sessuale passato. Le mutilazioni genitali femminili e lo stupro, rappresentando una espressione di dominio e controllo sociale sulla sessualità, rientrano nella nozione di “sfruttamento sessuale delle donne e dei minori”, definito nella relazione introduttiva non vincolante, come qualsiasi abuso di una condizione di incapacità, vulnerabilità e squilibrio di poteri per trarre un vantaggio monetario, sociale o politico da un atto sessuale con un’altra persona ai fini di gratificazione sessuale, guadagno economico, e/o acquisizione di potere su quella persona.

Sono specificati come reati di violenza informatica contro le donne la condivisione non consensuale di materiale intimo o manipolato, lo stalking online, le molestie online e l’istigazione alla violenza o all’odio online. Gli Stati devono garantire la rimozione da internet del materiale connesso a questi reati e la possibilità per vittime di ricorrere in giudizio.

Il ricorso alla giustizia e la protezione, anche da forme di vittimizzazione secondaria o rivittimizzazione nel processo, devono essere assicurati a tutte le vittime di violenza di genere e domestica a prescindere da ogni tipo di discriminazione, dunque anche a uomini e persone non binarie LBTIQ, riservando un’attenzione particolare alle persone più vulnerabili, disabili o appartenenti a minoranze razziali o etniche.

Alle vittime, incluse le donne migranti prive di documenti o richiedenti protezione internazionale, deve essere fornita assistenza prima, durante e, per un congruo periodo dopo il procedimento penale, disponendo servizi specifici (numeri telefonici nazionali e quello unico dell’UE attivo dallo scorso novembre, centri anti-violenza, case rifugio) e tenendo conto in particolare dei bisogni delle vittime con disabilità.

Non diversamente dalla Convenzione di Istanbul si dispone che gli organismi nazionali per la parità siano abilitati a fornire assistenza alle vittime e legittimati ad agire nel procedimento penale, così come si prevede l’obbligo di campagne di prevenzione e programmi di sensibilizzazione, ricerca, istruzione e formazione .

Il testo approvato dal PE rispetta sostanzialmente la proposta della Commissione con alcune modifiche migliorative e un ambito di applicazione più ampio in grado di proteggere un maggior numero di vittime. Oltre a una definizione più dettagliata e ampliata delle molestie online, specie per quanto riguarda il “materiale intimo” che non può esser condiviso senza consenso e misure più severe contro la violenza informatica e il revenge porn, il testo del PE include un numero maggiore di circostanze aggravanti per i reati di violenza sessuale che hanno provocato la morte o il suicidio delle vittime, o nel caso di particolari situazioni personali della vittima come gravidanza o l’essere stata soggetta a tratta. Soprattutto per il PE la linea rossa irrinunciabile per la tutela delle vittime è rappresentata dalle norme sul reato di stupro definito sulla base dell’assenza di consenso che deve essere valutata caso per caso. La maggioranza degli Stati membri, però, non intende inserire nella direttiva il reato di stupro come risulta evidente nell’orientamento generale raggiunto nel Consiglio.[2] Perciò i negoziati interistituzionali per la sua approvazione si presentano molto impegnativi e difficili e richiedono la forte mobilitazione in tutti gli Stati delle organizzazioni di donne e dell’opinione pubblica europea.

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