Dopo mesi di annunci e rinvii, ieri purtroppo è stata aperta la “stanza d’ascolto” all’ospedale ostetrico ginecologico Sant’Anna di Torino, in cui viene praticato il maggior numero di interventi di interruzione volontaria di gravidanza di tutto il Piemonte, anche se pende ancora un ricorso al Tar, presentato da Cgil e SeNonOraQuando? Torino, contro la delibera che la istituisce.

Che cos’è la stanza d’ascolto? Nelle innumerevoli dichiarazioni dell’assessore alle Politiche sociali della Giunta piemontese che l’ha fortemente voluta, è un luogo dove si offre un supporto concreto alle donne per contribuire a far superare le cause che potrebbero indurle all’interruzione di gravidanza. Di fatto invece è un luogo gestito da associazioni antiabortiste dove si cerca di convincerle a rivedere la loro scelta, ignorando quanto previsto dalla legge 194 che stabilisce che solo la donna può decidere di interrompere la gravidanza nei primi 90 giorni, senza interferenze e condizionamenti e che , come prevede l’art. 5, neppure il padre (o presunto tale) del concepito possa in alcun modo intromettersi in questa scelta e la sua presenza nel consultorio o nella struttura sanitaria è sempre subordinata al consenso della donna.  Questo per ribadire quanto sia importante per la legge la libera scelta priva di condizionamenti esterni.

E’ vero che la 194 prevede all’art. 2 che la donna sia informata sui diritti a lei spettanti e che i servizi sociali, sanitari e assistenziali possano offrire un supporto se da lei richiesto, ma proprio perché esistono questi servizi pubblici, è inaccettabile che una prestazione così delicata venga affidata ad associazioni antiabortiste di cui è chiaro l’intento colpevolizzante e nel cui statuto c’è la condanna e la stigmatizzazione dell’aborto, gestita da volontari di cui non si conoscono la formazione e le competenze.

Il disegno che questa destra, purtroppo non solo in Piemonte, sta portando avanti è chiaro ed è quello di colpevolizzare le donne che decidono di abortire, di colpire il loro principio di autodeterminazione che è il più acerrimo nemico del patriarcato: sui corpi delle donne e sulle loro libere scelte si è sempre consumato il conflitto fra donne e uomini e la loro affermazione di supremazia e possesso.

Il motivo di tutti questi provvedimenti assurdi è uno solo: la legge 194 ancora oggi, e forse ancora più di quando è entrata in vigore, viene messa in discussione, contrastata, a volte negata, con il chiaro intento di indebolirla, non potendo abrogarla, perché sarebbe assolutamente impopolare. E con lei viene messa sotto attacco l’autodeterminazione delle donne. Una Presidente del Consiglio che permette ed anzi favorisce e sostiene questi provvedimenti inserendo addirittura un emendamento che prevede gli antiabortisti nei consultori nel decreto per l’attuazione del Pnrr, può dirsi femminista?

Domanda pleonastica che rivolgo però a quelle poche femministe che in questi ultimi tempi l’hanno così esaltata.

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