Blog Il Fatto Quotidiano 10settembre 2024 – Laura Onofri
Che cos’è la stanza d’ascolto? Nelle innumerevoli dichiarazioni dell’assessore alle Politiche sociali della Giunta piemontese che l’ha fortemente voluta, è un luogo dove si offre un supporto concreto alle donne per contribuire a far superare le cause che potrebbero indurle all’interruzione di gravidanza. Di fatto invece è un luogo gestito da associazioni antiabortiste dove si cerca di convincerle a rivedere la loro scelta, ignorando quanto previsto dalla legge 194 che stabilisce che solo la donna può decidere di interrompere la gravidanza nei primi 90 giorni, senza interferenze e condizionamenti e che , come prevede l’art. 5, neppure il padre (o presunto tale) del concepito possa in alcun modo intromettersi in questa scelta e la sua presenza nel consultorio o nella struttura sanitaria è sempre subordinata al consenso della donna. Questo per ribadire quanto sia importante per la legge la libera scelta priva di condizionamenti esterni.
E’ vero che la 194 prevede all’art. 2 che la donna sia informata sui diritti a lei spettanti e che i servizi sociali, sanitari e assistenziali possano offrire un supporto se da lei richiesto, ma proprio perché esistono questi servizi pubblici, è inaccettabile che una prestazione così delicata venga affidata ad associazioni antiabortiste di cui è chiaro l’intento colpevolizzante e nel cui statuto c’è la condanna e la stigmatizzazione dell’aborto, gestita da volontari di cui non si conoscono la formazione e le competenze.
Il disegno che questa destra, purtroppo non solo in Piemonte, sta portando avanti è chiaro ed è quello di colpevolizzare le donne che decidono di abortire, di colpire il loro principio di autodeterminazione che è il più acerrimo nemico del patriarcato: sui corpi delle donne e sulle loro libere scelte si è sempre consumato il conflitto fra donne e uomini e la loro affermazione di supremazia e possesso.
Domanda pleonastica che rivolgo però a quelle poche femministe che in questi ultimi tempi l’hanno così esaltata.