NUOVE FAMIGLIE PER LE ADOZIONI

In Genere – 01 Aprile 2025 –  Virginia Lemme, Aurora Maggi

Nuove famiglie per le adozioni

Con una recente sentenza della Corte costituzionale, anche le persone single possono fare domanda per le adozioni internazionali. Una decisione che apre al riconoscimento delle nuove forme di famiglia, facendo spazio a una riflessione più ampia su diritti e adozioni nel nostro paese

 

Il 21 marzo 2025, la Corte costituzionale ha dichiarato con una sentenza l’illegittimità della sezione della legge n. 184/1983 che esclude le persone singole residenti in Italia dall’adozione di persone minori straniere.[1]

Questa decisione segna un passo significativo verso il superamento del paradigma eteronormativo della famiglia, ormai distante dalla realtà sociale, nonché una svolta rispetto alla precedente giurisprudenza, che nel celebre caso dell’attrice Dalila Di Lazzaro aveva negato questa possibilità.

Oltre ai tribunali ordinari, in quella vicenda era intervenuta la Corte costituzionale, affermando che una persona singola non potesse essere in grado di offrire a una persona minore un ambiente adeguato e armonioso.[2]

La Corte aveva sottolineato che i principi costituzionali non impongono di conformare le regole sull’adozione esclusivamente al modello della famiglia tradizionale, basato su una coppia unita da un vincolo matrimoniale (la cosiddetta imitatio naturae). Tuttavia, esaminando l’art. 6 della Convenzione europea sull’adozione dei minori (L. n. 357/1974), nel 1995 la Corte di Cassazione aveva ribadito che una persona singola non potesse adottare un minore alle stesse condizioni di una coppia sposata.[3]

Oggi, la sentenza della Corte costituzionale segna un netto cambio di rotta, aprendo nuove prospettive nel riconoscimento di modelli familiari più inclusivi e aderenti alla società contemporanea. In una recente intervista, Dalila Di Lazzaro, che per anni ha portato avanti questa battaglia, ha espresso sia l’amarezza per l’opportunità che le fu negata che la soddisfazione nel vedere che l’ordinamento italiano ha finalmente aperto questa strada.

Da allora, molto è cambiato: assistiamo ormai da tempo all’affermarsi di modelli familiari differenti, per i quali, tuttavia, la legislazione non fornisce ancora una tutela adeguata.

Come dichiarato nella sentenza n. 162/2014 della Corte costituzionale, “i concetti di famiglia e genitorialità dovrebbero essere, inoltre, identificati tenendo conto dell’evoluzione dell’ordinamento e del principio in virtù del quale la Costituzione non giustifica una concezione della famiglia nemica delle persone e dei loro diritti”[4]. Spesso, quindi, come dimostrato dall’andamento attuale, la via giudiziale rimane l’unica opzione per garantire il rispetto di interessi costituzionalmente rilevanti.

Per comprendere appieno le novità introdotte dalla decisione, è necessario ripercorrere la vicenda che ha condotto la Corte costituzionale alla sentenza del 21 marzo 2025: tutto parte dal caso di una donna non sposata, alla quale è stata negata la richiesta per il rilascio della dichiarazione di idoneità all’adozione internazionale, in base a quanto specificato nella Legge 184 del 4 maggio 1983.[5]

I requisiti sanciti dalla norma risultano infatti stringenti: all’adozione internazionale possono accedere solo persone sposate da almeno tre anni (escludendo, dunque, le persone unite civilmente), periodo durante il quale non deve esser avvenuta nessuna separazione, neppure di fatto.

Mettendo in dubbio la costituzionalità della norma, il Tribunale per i minorenni di Firenze ha sollevato la questione davanti alla Corte costituzionale, sostenendo che quest’ultima non tuteli il miglior interesse della persona minorenne, protetto dall’art. 2 della Costituzione, né il diritto all’autodeterminazione nella scelta della genitorialità – che trova fondamento nell’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu), il quale a sua volta assume valore costituzionale attraverso l’art. 117 della Costituzione.

L’Avvocatura dello Stato, costituita in giudizio a difesa della Presidente del Consiglio dei Ministri, ha invece sostenuto la legittimità del divieto, argomentando che solo la bigenitorialità può garantire un ambiente più stabile per la persona minore, contrapponendo così le posizioni dell’adottando e dell’adottante.

La Corte costituzionale ha dunque dovuto trovare un bilanciamento fra due interessi apparentemente in conflitto: da un lato, il diritto della persona singola a realizzare il proprio desiderio di genitorialità, dall’altro, la tutela del benessere del bambino o della bambina.

Nel suo ragionamento, la Corte ha ripercorso l’evoluzione storica dell’istituto dell’adozione, nato originariamente per finalità patrimoniali e divenuto nel tempo espressione del principio di solidarietà. Ha quindi messo in evidenza l’obiettivo principale della normativa: proteggere l’interesse superiore della o del minore.

Partendo da questo principio, la Corte ha sottolineato che l’ammissione all’adozione internazionale non dovrebbe limitarsi a considerare formalmente lo status dell’adottante, ma dovrebbe essere valutata in base alla sua reale capacità di offrire al o alla minore un ambiente stabile e armonioso.

La Corte ha ritenuto che l’esigenza di garantire un contesto familiare stabile possa prescindere dalla struttura familiare basata su una coppia unita in matrimonio. Pertanto, ha affermato che l’idoneità del singolo adottante debba essere valutata caso per caso, in virtù dell’interesse superiore della persona minore.

L’automatismo, infatti, non riuscirebbe a cogliere il cambiamento in atto nel concetto stesso di famiglia, che non è più esclusivamente legato all’istituto del matrimonio, ma abbraccia anche le famiglie monoparentali. Questo sembra essere in linea con gli standard internazionali, poiché, come osserva la stessa Corte, le Convenzioni di New York sui Diritti del Fanciullo (1989) e dell’Aia sull’adozione internazionale (1993) non impongono l’obbligo per le persone adottanti di essere una coppia coniugata, ma pongono il benessere della persona minore come criterio centrale. In linea con questo principio, ordinamenti europei come quelli di Francia, Regno Unito e Spagna già permettono l’adozione internazionale alle persone singole.

Nella sua analisi, la Corte ha poi evidenziato come la stessa Legge n.184/1983 già preveda, all’art.44, la possibilità per persone non coniugate di adottare minori in ambito nazionale, riconoscendo implicitamente la loro idoneità a garantire un ambiente stabile.

Per queste ragioni, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità della norma, evidenziando il contrasto con gli articoli 2 e 117 della Costituzione. In questo modo, la Corte ha saputo trovare una sintesi fra l’interesse superiore della persona minore e il diritto della persona singola a realizzare il proprio desiderio di genitorialità.

Con questa sentenza, la Corte costituzionale ha quindi ampliato significativamente le opportunità di accesso alla genitorialità, abbattendo la barriera che discriminava le persone singole nell’adozione di persone minori provenienti da paesi stranieri.

Ora, anche per le persone singole sarà possibile presentare domanda di idoneità per l’adozione internazionale, con la valutazione del caso affidata al giudice, superando l’automatismo che precedentemente le escludeva. La sentenza va così oltre l’aspetto giuridico, trasmettendo un importante messaggio sociale: viene conferita piena dignità alle nuove configurazioni familiari, come le famiglie monoparentali, ricostituite o formate da coppie non sposate, ormai ampiamente accettate nella società contemporanea.

La Corte, in questo modo, dimostra una spiccata sensibilità verso i mutamenti sociali, in particolare rispetto ai fenomeni demografici come il calo della natalità e la diminuzione delle richieste di adozione. La decisione si inserisce dunque in un contesto di rinnovato impegno verso la promozione della genitorialità e l’ampliamento delle opportunità per chi desidera intraprendere un progetto di genitorialità, che siano persone singole o coppie.

Inoltre, la sentenza risponde a una necessità di adattamento alle normative internazionali, confermando – ancora una volta – come in materie politicamente divisive le Corti costituzionali siano gli attori che meglio riescono a dar voce alle istanze provenienti dalle persone singole e dalle comunità, incarnando il modello di “organi delle aspettative di giustizia che provengono dalla società”.[6]

Sebbene la sentenza possa non incontrare il favore delle maggioranze parlamentari, come evidenziato dalle posizioni dell’Avvocatura dello Stato, la Corte ha agito con la consapevolezza del sostegno della società civile e degli organismi internazionali. L’auspicio, tuttavia, è che la sentenza stimoli un intervento legislativo per adeguare la disciplina normativa.

Inoltre, questa decisione potrebbe generare una riflessione più profonda sulla necessità di consentire anche alle coppie omosessuali l’accesso all’adozione: a seguito di questa pronuncia, infatti, possono accedere all’adozione internazionale le persone singole, indipendentemente dal loro orientamento sessuale, rendendo così irragionevole l’esclusione delle coppie unite civilmente.

La sentenza n. 33/2025 rappresenta dunque una tappa fondamentale in un percorso lungo e complesso che non può permettersi ora una battuta di arresto.

Note

[1] La sentenza n. 33/2025 del 21 marzo 2025 si riferisce all’art. 29-bis, comma 1, della legge n. 184/1983.

[2] Con la sentenza n. 183/1984.

[3] Si tratta della sentenza n. 7950.

[4] La sentenza citata è la n. 494 del 2002.

[5] Il divieto è contenuto nell’art. 29-bis (comma 1) e 30 (comma 1).

[6] Zagrebelsky, Marcenò, 2012.

Riferimenti

G. Zagrebelsky, V. Marcenò, Giustizia costituzionale, Bologna: Il Mulino, 2012.

 

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