Blog Il Fatto Quotidiano – 7 novembre 2024 – Laura Onofri
Concorrono molti fattori: primo fra tutti è che, potrebbe sembrare ovvio, le donne non sono tutte uguali, nel senso che per molte non è considerata importante l’appartenenza di genere e quindi il voto viene dato valutando principalmente altri elementi. Più volte abbiamo sottolineato come non basta essere donna per mettere in atto politiche a favore delle donne, non basta essere donna per comprendere e immedesimarsi in quante discriminazioni ancora subiscono le donne e agire per abbatterle.
Ma anche una certa percentuale di donne, conservatrici e reazionarie, molto più interessate alla difesa del loro potere d’acquisto che non a quella dell’autodeterminazione, molto più ostinate a difendere la loro “comfort zone” con misure securitarie che non i diritti civili, molto influenzate dalla politica martellante della destra sulla paura dell’immigrazione da respingere in qualunque modo e a qualunque costo, sono andate in soccorso di Trump, magari non amandone i toni volgari, ma colme di inquietudini e ansie che la destra, come sta succedendo anche nel nostro continente, sa cavalcare e tramutare in consenso proponendo ricette tanto facili quanto inefficaci.
La delusione, il senso di impotenza e di ineluttabilità di fronte a questo risultato sono sentimenti comuni in queste ore a tante donne progressiste di tutto il mondo per cui è insopportabile pensare che questo politico, per cui non ci sono parole adatte per descriverlo, sia diventato ancora una volta Presidente dello stato che, nel bene e nel male, condiziona le sorti di tutto il mondo e che ancora una volta una donna non ce l’abbia fatta tanto da far dire a molte: “Per far vincere una donna negli Stati Uniti devi candidare due donne”.